27 ottobre 2025
L'errore di Vannacci: la lezione di Media Training che ogni leader deve imparare
Bastano sette secondi. Sette secondi per creare una prima impressione, ma ne bastano anche meno per distruggere una reputazione costruita in anni di lavoro. Quando un microfono è acceso, ogni parola, ogni pausa e ogni gesto diventano parte di una narrazione che può sfuggirti di mano a una velocità impressionante.
Questo non è allarmismo, è realismo. Come amava dire Peter Drucker,
"La cosa più importante nella comunicazione è ascoltare ciò che non viene detto".
Ma oggi potremmo aggiungere: è altrettanto importante controllare ciò che il pubblico percepisce al di là delle tue parole.
Il media training non è un corso di dizione o un manuale per sorridere a comando. È una disciplina strategica che trasforma un potenziale rischio – l'intervista, il dibattito, la conferenza stampa – in un'opportunità per affermare la propria leadership. Si tratta di padroneggiare il messaggio, gestire la pressione e rimanere al comando della narrazione, anche di fronte alla domanda più scomoda.
Prendiamo un caso di studio recente e perfetto: le apparizioni mediatiche del generale Roberto Vannacci. Al di là delle sue idee, la sua comunicazione è un manuale esemplare di un errore capitale del media training: confondere l'autenticità con l'assenza di filtri.
Vannacci ha costruito la sua immagine sull'essere "diretto" e "senza peli sulla lingua". Questo approccio, sebbene possa creare un seguito iniziale, è mediaticamente autodistruttivo per tre motivi precisi:
Fa diventare il messaggero la notizia, non il messaggio. Le sue uscite più controverse e le sue reazioni aggressive alle domande dei giornalisti diventano sistematicamente il titolo, oscurando qualsiasi argomento o proposta che intende portare avanti. Il pubblico non ricorda il suo punto sulla politica energetica, ma la sua frase provocatoria sugli omosessuali o il suo scontro con un intervistatore. L'obiettivo di un'intervista efficace è far ricordare il tuo messaggio, non la tua sfuriata.
Cede il controllo della narrazione all'interlocutore. Reagendo d'impulso a ogni provocazione, cade esattamente nella trappola che il giornalista ha preparato per lui. Un portavoce preparato non abbocca all'amo. Non si fa trascinare in un dibattito personale, non alza la voce e non perde la calma. Mantiene il controllo emotivo e strategico per riportare la conversazione sul suo terreno, non su quello dell'avversario.
Genera "soundbite" negativi. Un "soundbite" è una breve frase a effetto, perfetta per essere ritagliata e riproposta all'infinito. Parlando senza filtri, Vannacci fornisce costantemente ai media munizioni perfette per essere decontestualizzate e usate contro di lui. Un media training efficace insegna a creare "soundbite" positivi e controllati, frasi memorabili che riassumono il tuo messaggio chiave, non le tue reazioni a caldo.
Come si evita questo disastro strategico? Con una tecnica fondamentale che trasforma l'intervista da un interrogatorio a un'opportunità.
Strategia: la tecnica del Ponte (Bridging)
Immagina di ricevere una domanda ostile o provocatoria. La reazione istintiva è difendersi o contrattaccare, cadendo nella trappola. La strategia vincente è costruire un "ponte" per tornare al tuo messaggio chiave. Funziona così:
Riconosci (Acknowledge): mostra di aver ascoltato la domanda. Una frase neutra come: "Capisco il punto..." oppure "Questa è una domanda che mi viene posta spesso...". Questo ti dà un secondo per pensare e abbassa la tensione.
Ponte (Bridge): usa una frase di transizione per cambiare elegantemente argomento. Esempi di "ponte": "...ma la questione fondamentale che dobbiamo affrontare è...", "...e questo ci riporta al vero cuore del problema, ovvero...", "...vorrei però allargare la prospettiva a ciò che interessa davvero ai cittadini...".
Reindirizza (Pivot): esponi il tuo messaggio chiave. Quello che avevi preparato e che vuoi assolutamente che il pubblico ricordi, a prescindere dalle domande che ti vengono fatte.
Questa tecnica ti permette di mantenere il controllo, dimostrare leadership e assicurarti che sia il tuo messaggio, e non la tua reazione, a fare notizia.
Il tribunale mediatico oggi è più veloce e spietato di qualsiasi tribunale reale. Ogni CEO, manager o imprenditore è il primo portavoce della sua azienda. Essere preparati a gestire un microfono aperto non è una precauzione, è un atto di leadership. Non si tratta di imparare a fingere, ma di imparare a essere autentici in modo strategico, trasformando la pressione in una piattaforma per il successo.
Se anche tu vuoi imparare a governare la tua narrazione e trasformare ogni interazione con i media in un'opportunità, il primo passo è capire da dove partire.
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I posti sono limitati. Scegli di essere preparato.
A presto,
Francesca Caon